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LA SETA di Black Sheep Wool Art

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Realizzato da Emanuela Susani di Black Sheep Wool Art.

Black Sheep Wool Art accoglie tutti coloro che vogliono imparare e condividere la meravigliosa arte della lavorazione della lana e delle sue diverse tecniche di tessitura, sfruttando in larga parte la lana naturale.

Potete seguirla su YOUTUBE e FACEBOOK.

Pillole di Storia

La produzione della seta affonda le sue origini in Cina, attorno al 3.000 a.C. circa, ma a seguito di recenti scoperte archeologiche su frammenti tessili e resti fossili di bozzoli, potrebbe essere ancora più antica. 

Secondo la tradizione popolare fu la moglie di un imperatore a introdurre l’allevamento dei bachi da seta, a seguito di un curioso “incidente”… 

Un giorno, mentre l’imperatrice Xi Ling Shi stava sorseggiando un the bollente sotto ai rami di un gelso, un bozzolo cadde nella tazzina. Il calore del liquido permise di dipanare il bozzolo ottenendo un filo lungo quasi un chilometro. 

Da allora, per volere dell’imperatrice, fu avviato l’allevamento dei bachi alimentati con le foglie dell’albero di gelso. 

La seta è da sempre considerata una fibra molto preziosa e appannaggio reale, infatti è stata per lungo tempo esclusivo privilegio di imperatori, dignitari di corte e alti sacerdoti. 

Sempre nella Cina imperiale, i colori identificavano la classe sociale di appartenenza della persona: ad esempio l’azzurro/celeste era riservato agli ufficiali dell’esercito, il giallo all’imperatore, il viola alle concubine dell’imperatore e così via.

Ben presto fu avviato un vero e proprio commercio di stoffe in seta al di fuori del territorio imperiale, prova ne è il fatto che gli antichi Romani, specie se appartenenti alle classi della società, ne divennero grandi “consumatori, pur non conoscendo la storia della fibra né il metodo di lavorazione per ottenerla. 

Attorno alla metà del VI sec. d.C., due monaci missionari nestoriani, di ritorno dalla Cina, portarono con sé a Bisanzio alcuni bachi da seta e semi di gelso trafugati di nascosto e, soprattutto, le conoscenze per la loro coltura e trasformazione in fibra tessile. 

A seguito di questa introduzione, in poco tempo la produzione e il commercio della seta divennero forse il settore più importante e redditizio dell’economia bizantina. 

Verso la fine del IX secolo, proprio i Bizantini introdussero in Italia meridionale il baco da seta e nei secoli successivi la nostra penisola divenne il più importante centro di produzione europea.

Il Mantello dell’Incoronazione 

Una delle testimonianze più antiche e straordinarie dell’arte della lavorazione della seta fu realizzata nei laboratori reali Thiraz di Palermo: il “mantello dell’incoronazione” del re Ruggero II d’Altavilla, re di Sicilia. 

La parola Thiraz deriva dall’antico persiano e in origine aveva il significato di “ricamo”, ma in seguito sempre con questo nome, furono indicati gli abiti con ricami particolari, abbelliti con decorazioni contenenti scritte e indossati da persone di alto rango. Inoltre, con questa parola ci si riferiva anche ai laboratori dove venivano realizzati sia gli abiti che i ricami.

Inizialmente i principali Thiraz erano arabi, così con l’espansione del dominio saraceno nei territori dell’ex Magna Grecia, furono convertiti i vecchi laboratori bizantini e potenziati grazie all’impiego di manodopera araba, specializzata nella tessitura della seta, ma anche nella lavorazione artigianale dell’argento, avorio, bronzo, perle e cristalli, combinando assieme tutti questi materiali. 

I manufatti realizzati nel Thiraz di Palermo non avevano eguali in quanto possedevano uno stile unico al mondo, riprendendo e coniugando assieme stili di arte bizantina, spagnola, nordafricana e mediorientale, il tutto arricchito con perle, pietre preziose, smalti e filigrane d’oro. 

La realizzazione del “mantello dell’incoronazione” di re Ruggero II d’Altavilla risale all’anno 528 dell’Egira (corrispondente al 1133-1134 d.C.) e questo bellissimo manufatto, di forma semicircolare, è ora conservato ed esposto presso il Weltliche Schatzkammer della Hofburg, ovvero il Museo imperiale di Vienna. 

Il suo colore fu ottenuto dal chermes, un pigmento estratto dal corpo essiccato e macinato della cocciniglia, impreziosito da ricami con fili d’oro, smalti e perle. 

La palma centrale dai sette rami rappresenta l’Albero della Vita e divide in due il mantello: su ogni lato sono raffigurati simmetricamente due leoni che sovrastano due cammelli, a rappresentare la supremazia normanna sugli arabi (il leone era il simbolo araldico degli Altavilla).

Lungo l’orlo inferiore si può leggere una scritta ricamata in caratteri cufici che recita: 

Lavoro eseguito nella fiorente officina reale, con felicità e onore, impegno e perfezione, possanza ed efficienza, gradimento e buona sorte, generosità e sublimità, gloria e bellezza, compimento di desideri e speranze, giorni e notti propizie, senza cessazione ne rimozione, con onore e cura, vigilanza e difesa, prosperità e integrità, trionfo e capacità, nella Capitale di Sicilia, l’anno 528. 

Il mantello, assieme ad altri preziosi manufatti, fu trafugato dal tesoro reale della reggia di Palermo da Enrico VI, marito di Costanza d’Altavilla e padre del futuro imperatore Federico II, attorno al 1194 e portato dalla Sicilia in Germania.

La Seta in Italia

In Italia, la lavorazione della seta si estese dai territori del Meridione a quelli del Nord e Centro-Nord grazie alla famiglia degli Sforza (nella particolare persona di Galeazzo Maria Sforza) che, attorno alla metà del XV secolo, imposero ai proprietari terrieri una piantumazione forzata di gelsi, pratica che Ludovico il Moro intensificherà notevolmente, portando la Lombardia ad essere una delle regioni più conosciute per la produzione serica in Europa. 

L’industria della seta permise di poter impiegare nel settore diverse centinaia di migliaia di persone, divise in vari cicli di lavorazione: all’attività di allevamento dei bachi si collegarono le attività di filatura, torcitura, tessitura, tintura, stampa e fissaggio dei tessuti. 

Il primato dell’Italia rimase inviolato fino al XVII secolo, quando la Francia, in particolare i territori attorno alla città di Lione, cominciarono ad accogliere artigiani specializzati provenienti da Catanzaro, all’epoca sotto il dominio francese, che importarono la tradizione manifatturiera. 

Ad oggi, in Italia, l’allevamento del baco da seta e la filatura sono quasi scomparsi, a fronte della massiccia importazione della materia prima dalla Cina e dal Sud America. 

Nonostante questo, sono rimaste ben attive e molto apprezzate sul mercato, le operazioni di tessitura, tintura e stampa, reputate a livello internazionale di altissima qualità. 

Metodo di Lavorazione

La seta è una fibra proteica che si ottiene dalla bava solidificata della larva di un tipo di lepidottero, il Bombyx Mori, ossia il bombice del gelso, prima della sua metamorfosi in crisalide.

La bava ha l’aspetto di un filamento continuo che può arrivare alla lunghezza di 600/1200 mt. ed è talmente sottile che, per ottenere un filo da poter usare per tessere, era necessario intrecciarne assieme almeno una dozzina. 

Un passaggio fondamentale nella lavorazione della seta è la bollitura dei bozzoli, in questo modo si uccide la crisalide all’interno prima che possa schiudersi danneggiando i filamenti. 

Tutta la serie di operazioni per ricavare il filo prende il nome di “trattura”. 

Per prima cosa i bozzoli, precedentemente essiccati, vengono fatti macerare in acqua bollente (tra i 70° e i 90°C), così che la sericina, ovvero la parte gommosa che tiene assieme la bava, si ammorbidisce ed è possibile eliminarla. 

Con degli scovolini particolari si eliminano poi tutti i filamenti esterni per individuare il capo bava. 

Per eliminare invece in modo definitivo la sericina si procede con la sgommatura che avviene in un bagno di acqua calda saponata. 

Eliminare la sericina serve per rendere la fibra più lucente e morbida al tatto, da qui la fibra è pronta per passare alle ulteriori operazioni che permettono la trasformazione del filo in tessuto o in filati pronti per la vendita sul mercato.

Consigli pratici e rimedi della Nonna

Come fare per verificare che un tessuto o un filato sia realmente di seta? 

Prendete un filo e bruciatelo: se il filo brucia lentamente emanando un odore di cheratina (tipico delle fibre animali) è di seta. 

La seta è una fibra che va lavata in modo delicato, utilizzando detersivi neutri e temperature che non superino i 30°C. 

E’ preferibile lavarla a mano o, al massimo, in lavatrice con programma per capi delicati. 

Non utilizzare nel modo più assoluto l’ipoclorito di sodio o banalmente candeggina, preferire come sbiancante delicato l’acqua ossigenata. 

L’aceto bianco ammorbidisce le fibre, ravviva i colori e neutralizza i cattivi odori. 

Ricordarsi di conservare filati o tessuti in seta al riparo dalla luce e dall’umidità, in quanto può ingiallire con facilità. 

Non viene di norma intaccata dalle tarme, salvo che sia miscelata con della lana, ma è preda facile di muffe che possono provocare scoloriture o delle macchie biancastre. 

Emanuela Susani – Black Sheep Wool Art

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